C'era una volta ... ascoltando gli anziani che si raccontano

02.04.2012 09:40

Alcune sere fa per vie traverse mi sono ritrovata in una sala del Comune di Signa ad assistere alla presentazione di un libro su un ex calciatore della Fiorentina. Il suddetto in questione era Ardico Magnini, storico terzino viola e della nazionale negli anni cinquanta, perno della Fiorentina del primo scudetto.

Oltre allo scrittore e all’editore a presentare il libro c’erano Magnini stesso ed alcuni suoi ex compagni di squadra dell’epoca: un gruppetto di allegri signori tutti con un’età compresa tra i 70 e gli 80 anni e passa.

Vi devo confessare che inizialmente l’idea di dover partecipare a questa serata e soprattutto di dovermi “sorbire” la presentazione di un libro su un giocatore risalente all’era glaciale del calcio non mi stimolava per niente, anzi ero piuttosto scocciata.

Ovviamente mi sono dovuta ricredere: gli arzilli vecchietti raccontavano con garbo divertenti aneddoti su fatti ed avvenimenti avvenuti 60 anni fa e riuscivano a farti immergere in una realtà che paragonata a quella del calcio moderno sembrava quasi una fiaba. Gli amici di Ardico lo descrivevano come un gran burlone, uno che sapeva fare spogliatoio, e a sentirlo parlare con fare ironico non si faceva fatica ad immaginarselo.

Insomma alla fine sono rimasta rapita dai loro racconti, mi sono commossa per la storica amicizia, per valori che profumano di un tempo che non c’è più e soprattutto ho riso con loro. Sarà perchè l’autunno scorso se ne è andata la mia ultima nonna e con lei l’ultimo legame con l’infanzia, che a fine serata avrei voluto rapirne uno e portarmelo a casa. Mi sono dovuta invece accontentare di una foto insieme.

La serata mi ha lasciato inoltre la convinzione di quanto potrebbe essere prezioso riuscire a creare momenti di incontro tra anziani e giovani, in modo da costruire un trait d’union tra una generazione che ha voglia di raccontare ed una che ha bisogno di ascoltare.

Raccontare perchè certi eventi del passato, certi valori e un certo modo di vivere oggi scomparso non vadano dimenticati. Raccontare per recuperare quel ruolo di fonte e veicolo di esperienza, conoscenza e saggezza che l’anziano in questo ultimo secolo sta perdendo.

Gli anziani hanno una naturale predisposizione a raccontare storie, le proprie storie, quelle storie preziose non scritte nei libri, ma incise nella loro memoria. La consuetudine di tramandare i propri ricordi ed ascoltare quelli degli altri è un rituale che è sempre stato presente in tutte le civiltà, poiché la narrazione rende possibile lo scambio comunicativo fondamentale per l’instaurarsi delle relazioni umane e della socialità.

Le storie oltre ad essere il mezzo attraverso il quale ci confrontiamo ed adattiamo alla cultura in cui viviamo, ci permettono anche di trasformare ed esteriorizzare il nostro mondo interno. Narrare infatti ha un duplice significato: ci permette da una parte di comprendere la realtà, dall’altra rappresenta una dimensione attraverso la quale ci presentiamo a noi stessi e agli altri.

La narrazione assume una funzione ancora più significativa per l’anziano: permettere di rinforzare il senso dell’identità in una fase critica della vita e di esprimere i propri vissuti emotivi, favorendo la socializzazione e la condivisione di una memoria collettiva e intergenerazionale.

Per questo la narrazione è spesso al centro di interventi psico-educativi e di animazione rivolti all’anziano, atti a configurare la vecchiaia come una fase della vita e non semplicemente la parte finale di essa. Vecchiaia concepita quindi come un momento importante, rispetto a quelli già vissuti, in cui non prevale il ricordo fine a se stesso ma l'elaborazione attiva del "materiale" raccolto durante gli anni passati.  Il racconto investe di senso l’esperienza dell’anziano che  parlando di sé e delle proprie esperienze di vita si accorge di aver vissuto.

Poter ricordare emozionandosi genera positività e progettualità: il raccontare riscoprendo la propria storia di vita permette di recuperare la propria soggettività, favorendo il mantenimento dell’identità attraverso un gioco continuo tra passato e presente, tra le conoscenze ed esperienze passate ed il desiderio di progettualità.

Kahlil Gibran in alcuni suoi versi ci dice: cercate il consiglio degli anziani, giacché i loro occhi hanno fissato il volto degli anni e le loro orecchie hanno ascoltato le voci della Vita. Ed io salutandovi, vi auguro di avere la fortuna di poter raccontare ed ascoltare, di far e farvi emozionare e soprattutto di ridere in compagnia.

Buona vita,

Corinna

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